Testo iscrizione “ Magna Iovis coniux mirari quod esset Foedare aethereos Parrhasis ausa thoros. Pellice prostrata, vulsisque infesta capillis, pulchra ea deformis iussit ut ursa foret” dal testo Metamorfosi Ovidio, Met., Libro II, vv. 466-495.
La scena rappresentata è fedelissima al passo raccontato da Ovidio: Giunone, insospettita fin da principio dell’ennesimo tradimento del marito, decide di punire Callisto per aver messo al mondo un figlio, Arcade, che avrebbe reso evidente il tradimento. A Callisto è riservata una condanna molto più pesante rispetto a Io; essa, infatti, non avrà possibilità di riscatto, non avrà più voce e i suoi versi saranno motivo di terrore anche per se stessa, nonostante sia figlia di un lupo. Callisto, infatti, è figlia di Licaone ma, nonostante la natura ferina del suo genitore, continua a essere terrorizzata dalle belve selvagge.
Giunone, definita da Estius “ magna Iovis coniux”, decide di trasformare la ninfa in un’orsa. Goltzius rappresenta la scena così come viene descritta, poiché la dea afferra per i capelli Callisto, “prensis a fronte capillis stravit humi pronam”, costringendola a terra. La ninfa sta già cambiando aspetto, ha le mani già parzialmente trasformate in zampe e il volto animalesco. La scena ha una costruzione anacronistica, poiché sullo sfondo si intravede un orso che sta assistendo alla scena, chiaro sintomo del fatto che è stata rappresentato anche l’istante immediatamente successivo alla trasformazione; Callisto è, quindi, presente in due momenti distinti, prima e dopo la metamorfosi.
Condizioni: rifilata al rame, numeri in basso abrasi, gore nella parte inferiore, un numero ad inchiostro bruno al rovescio nella parte alta di sinistra, Piccola mancanza nella parte alta a sinistra della lastra